Flavia Marostica Insegnare/apprendere storia con la storiografia e la mediazione didattica

Flavia Marostica, Insegnare/apprendere storia con la storiografia e la mediazione didattica

Pubblicato in «FARE l’insegnante» n.3 del 2021-2022, gennaio 2021

Il 22 maggio 2018 il Consiglio europeo ha varato la Raccomandazione relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente e l’Allegato Quadro di riferimento (che sostituiscono quelli del 18 dicembre 2006) per «individuare e definire le competenze chiave necessarie per l’occupabilità, la realizzazione personale e la salute, la cittadinanza attiva e responsabile e l’inclusione sociale» dal momento che «nell’economia della conoscenza, la memorizzazione di fatti e procedure è importante, ma non sufficiente per conseguire progressi e successi. Abilità quali la capacità di risoluzione di problemi, il pensiero critico, la capacità di cooperare, la creatività, il pensiero computazionale, l’autoregolamentazione sono più importanti che mai nella nostra società in rapida evoluzione. Sono gli strumenti che consentono di sfruttare in tempo reale ciò che si è appreso». Le 8 competenze chiave «sono considerate tutte di pari importanza» e sono definite come «una combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti». Tra queste c’è la «competenza in materia di cittadinanza» che comprende anche «la conoscenza delle vicende contemporanee nonché l’interpretazione critica dei principali eventi della storia nazionale, europea e mondiale … e delle identità culturali in Europa e nel mondo».

A partire dal 1999 (Legge 425 del 10 dicembre 1997 e DPR 323 del 23 luglio 1998) la prima prova scritta agli esami di stato degli istituti superiori – ridisegnati «tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea» – ha previsto in uno dei 4 ambiti della Tipologia B (Redazione di un saggio o di un articolo) uno di carattere storico–politico e nella Tipologia C un Tema di argomento storico: dunque 2 prove di storia. Ma.

Ignorando totalmente le indicazioni dell’Unione Europea sulle competenze chiave e disconoscendo di fatto il ruolo fondamentale della storia nell’educazione dei giovani, il DM 769 del 26 novembre 2018 con l’Allegato Quadro di riferimento per la prima prova scritta agli esami di stato conclusivi degli istituti superiori in attuazione del Dlgs 62/2017 non ha previsto alcuna prova di argomento storico. Così nelle 7 possibili prove proposte nel 2019 nessuna era centrata sulla storia che aveva al più in qualcuna una posizione «ancillare».

Alle tante reazioni critiche a questa «scomparsa» hanno dato finalmente risposta il D.M. 1095 del 21 novembre 2019 e la CM 2197 del 25 novembre 2019 che hanno previsto che almeno una delle tracce della tipologia B (analisi e produzione di un testo argomentativo) debba riguardare l’ambito storico.

Ora, in attesa della annunciata revisione dei curricoli e delle modalità della formazione dei docenti l’unico punto di riferimento per gli insegnanti è dato dai tanti testi (libri, articoli, siti etc.) sulla storiografia e sulla didattica usciti negli ultimi anni. Tra questi c’è un libro prodotto dall’Associazione Clio ‘92 che è un tesoro perché mette a disposizione un interessante intreccio di tutti gli aspetti che riguardano l’insegnamento della storia, dalla storiografia alla didattica.

 

Il libro: Il Bollettino di CLIO. Utilità e inutilità della storia (Mnamon, Milano ottobre 2021, pp.301)

Il testo – a cura dei redattori de «Il Bollettino di Clio» Giuseppe Di Tonto, Enrica Dondero, Vincenzo Guanci, Ivo Mattozzi, Ernesto Perillo, Saura Rabuiti, docenti e dirigenti della scuola e universitari che da circa 40 anni si occupano di storia e del suo insegnamento, ricercatori ma anche esperti sul campo e autori di numerosi libri su questi temi – è organizzato in 6 parti.

La prima parte, introduttiva, comprende l’Editoriale curato da Giuseppe Di Tonto – che sintetizza in modo accurato l’insieme di tutti gli articoli – e la lunga intervista fatta da Ivo Mattozzi, Presidente dell’Associazione, a Scipione Guarracino, con Dieci domande sulla utilità e inutilità della storia, una conversazione particolarmente interessante per individuare «a che serve la storia», tenuto conto che entrambi da molti decenni si occupano di didattica della storia – insegnata anche all’Università – e sono autori di numerose e importanti pubblicazioni. In questa conversazione vengono toccati diversi aspetti tra cui:

  • il rapporto tra la ricerca storica e l’insegnamento della storia soprattutto se questo è incentrato sul metodo di costruzione delle conoscenze usato dagli specialisti, ma utile anche ai semplici cittadini, se focalizzato sui processi di lunga durata e sulle grandi trasformazioni;
  • il forte potere formativo delle conoscenze storiche che consentono di acquisire la capacità di leggere e interpretare in modo fondato i fatti distinguendo il vero dal falso, di acquisire senso critico sul passato e sul presente, di pensare storicamente, capacità spendibili per tutta la vita.

La seconda parte comprende 11 contributi di 12 autori: alcuni storici affrontano aspetti della ricerca storica (Cammarano, Greppi) o si domandano Quale storia insegnare nel 2021 (Gruzinski), un saggista affronta il problema della storia immediata (Bidussa), alcuni esperti di didattica della storia analizzano vari aspetti dell’insegnamento della storia e i rapporti con la storiografia (Brusa, Heimberg, Cajani, Serafini, Della Gala), infine un articolo parla di una rivista elettronica come comunità (Bassi) e un altro del museo come laboratorio per l’educazione alla cittadinanza (Irene Bolzon, Chiara Scarselletti).

La terza parte presenta 4 esperienze di insegnamento nella scuola, tutte di grande interesse non solo perché riguardano la scuola in verticale ma anche perché mettono in luce alcuni nodi fondamentali:

  • una alla scuola primaria descritta in dettaglio e arricchita da numerose immagini, caratterizzata dall’«approccio interdisciplinare, orientato a introdurre percorsi di storia, di geografia e di educazione civica» per «avviare gli alunni alla costruzione dei concetti fondanti delle discipline coinvolte» (Palmini);
  • una alla scuola media caratterizzata dalla evidenziazione dell’«utilità dei testi storiografici esperti per la comprensione del presente» in quanto «la lettura e l’analisi dei testi storiografici esperti offre un prezioso contributo all’acquisizione, da parte dei nostri studenti, della cultura storica (Mattozzi, 1995) intesa non solo come padronanza di conoscenze, ma come capacità di metterle in relazione con il presente e di sottoporle a critica» (Di Pofi);
  • una alla scuola superiore (liceo) che affronta il nodo problematico dell’insegnamento del Novecento «in quinta liceo con sole due ore settimanali» e indica come criteri: la scelta degli argomenti per «tematizzare e ordinare i fatti su grafici spazio-temporali … per far comprendere … il mondo in cui saranno chiamati ad operare scelte consapevoli dopo la maturità» (Monari);
  • infine l’esperienza – di solito poco presente anche se fondamentale nella dialettica insegnamento/apprendimento – di ascolto/rilevazione de Il senso della storia per gli studenti in un istituto superiore (tecnico) attraverso un questionario per un’«indagine informale sulla percezione che allievi e allieve hanno della disciplina» nel corso di 3 anni scolasticinell’intento di individuare le modalità più idonee per operare; emerge così che la storia non piace a più della metà degli studenti la maggior parte dei quali pensa che non sia utile per il loro futuro anche se aiuta a capire il presente, la giudica noiosa e da studiare su libri difficili e la percepisce «come materia da imparare memorizzando nozioni, ma senza acquisirne strumenti e ragionamenti, processi e sistemi, linguaggi e procedure per la comprensione della realtà da più punti di vista»; sicché non si può non concludere che, anche dopo tanti libri e esperienze innovative, «stereotipi e luoghi comuni, derivati dalle modalità di apprendimento scolastico» sono «una grande permanenza» (Lotti).

La quarta parte mette a disposizione le letture di alcuni importanti testi pubblicati negli ultimissimi anni su storiografia e didattica: La macchina del tempo di Serge Gruzinski (Raffaello Cortina, Milano 2018) a cura di Giulio Ghidotti, La storia ci salverà di Carlo Greppi (Utet, Torino 2020) a cura di Enrica Dondero, Cattiva memoria. Perché è difficile fare i conti con la storia di Marcello Flores (Il Mulino, Bologna 2020) a cura di Ernesto Perillo, Un tempo senza storia di Adriano Prosperi (Einaudi Torino 2021) a cura di Vincenzo Guanci, Senza storia. Ricominciamo da uno di Scipione Guarracino (Biblioteca Clueb, Bologna 2021) a cura di Giuseppe Di Tonto.

La quinta parte sotto l’etichetta Spigolature ricorda un testo ancora fondamentale e recentemente ripubblicato in una nuova edizione curata dal figlio Étienne Bloch e con la Prefazione di Jacques Le Goff: Marc Bloch, Apologia della storia o Mestiere dello storico (Torino, Einaudi, 2009) e in particolare l’inizio dell’Introduzione (pp.7-10): «Papà, spiegami allora a che serve la storia?». Il riferimento è accompagnato da questa osservazione: «A che serve la storia è anche la domanda guida di questo numero della rivista. E rileggere a oltre settanta anni di distanza le pagine del grande storico francese aiuta a capire meglio quanto già nella sua riflessione fosse presente l’urgenza di rispondere a quella interrogazione (non solo teoricamente, ma anche con l’esercizio concreto del mestiere dello storico), e quali siano le possibili risposte di storiche e storici di oggi e di quanti si (pre)occupano anche dell’utilità della storia insegnata e appresa» (a cura di Ernesto Perillo).

La sesta parte intitolata Controcopertina, riporta il Quadro di Paul Klee Angelus Novus – che poi è la copertina del libro – e anche una non breve citazione tratta da Walter Benjamin.